lunedì 29 giugno 2015

All Power to Our People! #BlackOutPride

Ho tradotto velocemente questo comunicato del "Black Out Pride" di Chicago. Si tratta di un'organizzazione di persone trans e queer neri della grande città americana. Nei giorni delle varie manifestazioni Pride negli Usa e in tutto il mondo, questi gruppi hanno inscenato azioni di protesta contro i Pride stessi. Qui vi riporto le loro rivendicazioni, che sono state pubblicate sul sito "Radical Faggot" e che io ho notato sulla pagina di un attivista americano che seguo. Naturalmente, non faccio parte del movimento Lgbt, pur avendolo sempre sostenuto nel mio partito, Rifondazione. Non posso entrare nelle dinamiche descritte, che non conosco a sufficienza. Propongo questo testo per evidenziare una sola cosa: esiste uno spazio di critica DA SINISTRA ai Pride e al movimento Lgbt, che in questi giorni ha strappato un'importante vittoria con il pronunciamento della Corte Costituzionale USA sui matrimoni gay. Mi piacerebbe che questa traduzione servisse ad allargare il dibattito in merito anche in Italia.

Antonio Perillo














Accade adesso: esponenti della comunità queer nera di Chicago contestano la parata del Pride di Chicago

Ecco il loro comunicato:

Nel 1969, Sylvia Rivera, una trans portoricana, lanciò la bottiglia che scatenò la famigerata Rivolta di Stonewall (violenti scontri fra gli omosessuali e la polizia a New York nella notte fra il 28 e il 29 giugno 1969, ndt). Un anno dopo, Sylvia e Marsha P. Johnson, una donna trans nera organizzarono la prima Marcia del Giorno della Liberazione di Christopher Street a New York City, per commemorare la sollevazione queer contro le violenze della polizia, che girò per i quartieri del basso East Side, terminando strategicamente fuori al Penitenziario femminile di New York.

Entro il 1973, dopo soli 3 anni dalla prima Marcia in onore dei Moti di Stonewall, l’organizzazione delle manifestazioni del Pride in tutto il Paese fu invece largamente assunta da gay e lesbiche cisessuali (cisessuale è “qualcuno a proprio agio con il genere che gli è stato assegnato alla nascita”, mentre queer si traduce come “insolito” e sta significare un porsi “in diagonale” rispetto ai due sessi, ndt) che cercavano di trasformare la marcia che nacque a New York da una protesta ad un’opportunità di visibilità mainstream. Quello stesso anno – in coincidenza con la rimozione dell’omosessualità dalla lista delle malattie e dei disordini mentali dell’Associazione Americana di Psichiatria – i trans e i non conformi si videro esclusi dalle parate e dai raduni in tutto il Paese.

La nascita del movimento Gay e Lesbiche cominciò con l’allontanamento di quei membri della comunità queer ancora incapaci di adattarsi, proprio le stesse persone le cui azioni alla Cafeteria Compton’s, al Cooper’s Donuts e a Stonewall innescarono il movimento.

Raccontiamo questa storia per ricordare a noi stessi non solo che le radici del movimento queer affondano nella resistenza alla violenza di Stato in tutte le sue forme, ma anche che la Parata del Pride come tradizione è costruita sul silenziamento intenzionale dei membri più colpiti da quella stessa violenza: trans, donne, persone con disabilità fisica e mentale, neri e di colore, indigeni, immigrati, lavoratori del sesso e gioventù della strada.

Oggi a Chicago, nello specifico nel quartiere di Lakeview, giovani trans e queer di tutta la città, in cerca di un posto sicuro per affermare se stessi, sono costantemente sorvegliati dalla polizia e dalle ronde organizzate dei cittadini, sostenute dagli imprenditori e dai residenti più ricchi. Blog come Crime in Boystown attaccano questi giovani impegnati in un commercio di sopravvivenza, mentre organizzazioni come Center on Halsted invitano la polizia ad arrestare, infastidire e sorvegliare.

La gioventù queer che affronta il dramma di essere senza tetto e la situazione critica dei trans e della comunità queer di colore non sono solo un problema di omofobia e transfobia nelle comunità nere e di colore; sono allo stesso tempo un problema di classismo, razzismo e gentrificazione (il fenomeno dell’espulsione degli abitanti poveri dal centro delle grandi città, ndt); sono un problema legato alle draconiane politiche di austerità che buttano le persone in strada, ci impediscono di rientrare nelle proprietà pignorate e nel mondo del lavoro, e alla polizia e al sistema carcerario, che lavorano insieme affinché noi restiamo chiusi fuori. Giovani, Neri, Bruni, Nativi, Trans, poveri, lavoratori, immigrati e disabili soffrono perché ogni sistema di governance nel Paese è costruito per distruggerci.

Oggi, trans neri e queer insieme ai nostri alleati stanno contestando la Pride Parade di Chicago.

Lo facciamo in onore dei nostri predecessori trans, queer, neri, bruni e nativi. Lo facciamo perché la nostra gente sta morendo per mano della polizia, dell’esercito e delle milizie sostenute dallo Stato in tutto il mondo. Lo facciamo perché si rifiutiamo di essere rappresentati dalle stesse aziende che finanziano la violenza di Stato, rifiutano di fornire un salario dignitoso e fanno profitto sulla povertà. Lo facciamo perché i giovani queer meritano un posto migliore per celebrarsi, al posto di un pantano di consumismo e violenza sessuale.

Stiamo bloccando l’incrocio fra Addison e Halsted nel cuore di Boystown, a pochi isolati di distanza dal centro di Halsted, da Whole Foods, Wringley Fields e la stazione di polizia di Addison. E’ non solo un incrocio fra importanti strade di Chicago, ma un incrocio di avidità aziendale, sfruttamento privato delle comunità queer, ultra-sorveglianza poliziesca e luogo simbolo della violenza della città di Chicago ai danni di giovani queer e trans.

Siamo ispirati dagli attivisti di Boston che recentemente hanno protestato alla Pride Parade della loro città. Consapevoli di essere una piccola parte della comunità queer nera a Chicago e una parte ancor più piccola della comunità queer nera mondiale, vorremmo presentare le nostre rivendicazioni nel mettere in atto tale protesta, per le manifestazioni future e oltre:

No allo Stop and Frisk (arresta e perquisisci, ndt) – Solidarizziamo con il movimento Black Lives Matter (le vite dei neri sono importanti, ndt) e chiediamo l’abolizione dello stato di polizia razzista. La comunità queer deve invocare la revoca immediata delle politiche razziste che fanno dei trans e dei queer gli obiettivi della mortale violenza di Stato.

Stop alla sorveglianza della gioventù trans e queer – E’ tempo per i giovani trans e queer, specialmente se sono neri, bruni, senza documenti e senzatetto, di essere riconosciuti come i leader che sono. Chiediamo la fine della criminalizzazione dei giovani della nostra comunità perché fanno quello di cui hanno bisogno per sopravvivere.

Riaprire Scuole e Cliniche di salute mentale – Chiediamo che l’Amministrazione di Emanuel (sindaco di Chicago del Partito Democratico, ndt) venga ritenuta responsabile per le violenze che continua a perpetrare ai danni della comunità dei neri, bruni e lavoratori del sesso nella città di Chicago. Riaprire tutte le scuole chiuse e le cliniche di salute mentale. Fornire risorse reali alle comunità dei neri, bruni, disabili, malati mentali, senzatetto, queer e giovani.

Centro per la cura dei traumi nel South Side – Finché non vi sarà una reale redistribuzione delle risorse nella nostra città, abbiamo bisogno di sostegno nell’affrontare l’inevitabile violenza frutto della povertà. Rigettiamo la Libreria Presidenziale di Obama e chiediamo un Centro per la cura dei traumi adesso!

No a nuovi poliziotti, No a nuove carceri – Come neri queer solidarizziamo con tutte le comunità vittime di violenza di Stato, specialmente quelle dei queer immigrati e senza documenti. Supportiamo l’abolizione dei centri di detenzione, delle prigioni e della libertà condizionata. Finiscano le deportazioni, i raid e le indagini razziste! Stop ai fondi alla polizia e alle galere, fornite servizi sociali reali alle nostre comunità!

Smilitarizzazione globale – Siamo consapevoli che viviamo in un’economia globale guidata al fondo dal militarismo. La violenza crescente che affrontiamo nei nostri quartieri è la stessa violenza che la nostra gente affronta in Palestina, in Messico, in Brasile e dovunque il colonialismo USA faccia profitto sul nostro sangue. Smilitarizzare la polizia, disinvestire dai costruttori di armi e di prigioni e giù le mani dai nostri diritti del 1° Emendamento! (il 1° Emendamento “garantisce la terzietà della legge rispetto al culto della religione e il suo libero esercizio, nonché la libertà di parola e stampa; il diritto di riunirsi pacificamente; e il diritto di appellarsi al governo per correggere i torti”, ndt)

Basta allo sfruttamento della nostra comunità da parte delle aziende – Siamo stanchi delle corporations che usano opportunità come i Pride per venderci i loro prodotti mentre continuano a lucrare sulla nostra povertà. Solidarizziamo con Fight for 15 (la campagna che chiede i 15$ l’ora di salario minimo, iniziata dai lavoratori dei fast food, ndt) e chiediamo un salario di esistenza e la possibilità di unirsi in sindacato per tutti i lavoratori e i poveri! Chiediamo anche che le grandi associazioni noprofit di Lakeview – la Howard Brown Health Center e il Center on Halsted, garantiscano lo stesso trattamento ai loro lavoratori nuovi e giovani al Broadway Youth Center, al Brown Elephant, e al Crib!

Mai più ladri di salario – Nel quartiere di Lakeview, la Taco Bell, la Target e altre catene (di fast food, ndt) assumono regolarmente giovani trans e queer per rispettare gli obiettivi aziendali, per poi licenziarli entro poche settimane, spesso dopo non averli pagati il giusto. Noi vogliamo giustizia nella forma di posti di lavoro, salari dignitosi, pieni diritti e diritto a sindacalizzarsi.

Ricoveri per i trans e i queer ora! – Spazi come il Crib e il Broadway Youth Center forniscono un ricovero importante per i giovani senzatetto, ma non basta! Finché per la nostra comunità non saranno finite povertà e fenomeno dei senzatetto, chiediamo fondi per i servizi esistenti e investimenti in nuovi progetti, come il Project Fierce!



Noi tutti a gran voce rifiutiamo il Pride come una profanazione della nostra storia di resistenza. Non chiediamo la sua trasformazione, ma che i fondi siano reinvestiti nelle nostre comunità e realtà di lotta.

Non possiamo festeggiare l’approvazione del matrimonio gay, e pronostichiamo che verranno nuove leggi a limitare i diritti garantiti dal matrimonio, in particolar modo per i senza documenti, per i trans, i poveri e i lavoratori del sesso. Affinché noi possiamo essere liberi, l’autodeterminazione riproduttiva, la cittadinanza e una vera assistenza sanitaria non possono essere legate all’approvazione delle nostre unioni da parte di uno stato colonialista. Come i nostri antenati Neri e Nativi hanno da lungo tempo capito, lo Stato non rispetterà la miriade di modi che noi troviamo per amare, crescere, sostenerci e proteggerci l’un l’altro contro la sua violenza, a prescindere dai documenti che possediamo. E’ il nostro stesso assenso che cerchiamo mentre andiamo avanti, non quello del nostro oppressore.

Non vogliamo essere assorbiti, perché non ci fidiamo di un ordine sociale che convive così bene con l’ineguaglianza e che è così dipendente dalla violenza per mantenere il suo stesso squilibrio. Al contrario, noi chiediamo uno spostamento del potere e delle risorse tale da rappresentare, magari per piccoli passi, un movimento in direzione del nostro sistema, dei nostri spazi, della nostra visione della liberazione.

Black Power. Trans Power. Queer Power. Undocumented Power. Street Youth Power. Sex Worker Power. All Power to Our People! #BlackOutPride

lunedì 3 febbraio 2014

Roger Waters scrive a Scarlett Johansson

Un'altra mia veloce traduzione di una nota di Roger Waters pubblicata sulla sua pagina Facebook il primo febbraio. Waters scrive alla Johansson criticando la sua scelta di girare uno spot per la Soda Stream, azienda israeliana che ha sede nei Territori Occupati in Palestina. I pochi corsivi sono miei

Antonio Perillo


A note from Roger - February 1, 2014

Nei giorni scorsi ho scritto privatamente a Neil Young (una volta) e a Scarlett Johansson (un paio di volte). Queste lettere rimarranno private.

Tristemente, non ho ricevuto da loro alcuna risposta.

Così scrivo questa nota con una certa perplessità.

Neil? Devo ponderare molto bene quello che scrivo. Non ci conosciamo davvero, ma tu sei stato da sempre uno dei miei idoli. Sono confuso.

Scarlett? Ah, Scarlett. Incontrai Scarlett circa un anno fa. Credo fosse al concerto della reunion dei Cream al Madison Square Garden. Lei era, allora, per quanto ricordo, ferocemente contro i Neocon, genuinamente disgustata dalla Blackwater (l'esercito privato di Cheney in Iraq), avresti potuto pensare di trovarti di fronte ad una giovane donna con forza ed integrità, che credeva nella verità, nei diritti umani e nella legge, nell'amore. Confesso di esserne rimasto abbastanza colpito. Non c'è sciocco e credulone migliore di un vecchio sciocco come me.

Non molto tempo dopo, la scelta di Scarlett di rappresentare la Soda Stream al posto della Oxfam (Ong che lavora per i diritti umani anche in Palestina) è un tale voltafaccia politico, intellettuale e civile che quanti di noi hanno a cuore gli oppressi, gli sfruttati, gli occupati fanno davvero fatica a farsene una ragione.

Vorrei chiedere uan cosetta o due a quella Scarlett più giovane che incontrai. Scarlett, ad esempio, sei a conoscenza del fatto che il governo di Israele ha raso al suolo un villaggio di Beduini nel deserto del Negev per 63 volte, l'ultima delle quali il 26 dicembre 2013? Questo villaggio è la casa dei Beduini. I Beduini sono, naturalmente, cittadini israeliani con pieni diritti di cittadinanza. Beh, forse non proprio pieni, perché nel "democratico" Israele ci sono 50 leggi che discriminano i cittadini non ebrei.

Non cercherò di elencare quelle leggi (che sono visibili a tutti nello statuto della Knesset, il parlamento israeliano) o tutte le gravi violazioni dei diritti umani compiute dalla politica interna o estera di Israele. Ci vorrebbe troppo spazio. Ma, ritornando alla mia amica Scarlett Johansson.

Scarlett, ho letto le tue risposte e giustificazioni, in esse affermi che i lavoratori palestinesi di quella fabbrica avrebbero pari paga e diritti. Davvero? Hanno pari diritti?

Hanno diritto di voto?

Hanno libero accesso alle strade?

Possono recarsi presso il proprio posto di lavoro senza aspettare per ore di passare attraverso i check point delle forze occupanti?

Hanno l'acqua potabile?

Hanno impianti fognari?

Hanno la cittadinanza?

Hanno diritto a non avere quel diffuso problemino di vedersi buttar giù a calci la porta nel cuore della notte e portar via i loro figli?

Hanno diritto ad appellarsi contro le carcerazioni a tempo indefinito ed immotivate?

Hanno diritto a rioccupare i terreni e le case abbandonati nel 1948?

Hanno diritto ad una normale e decente vita familiare?

Hanno diritto all'auto-determinazione?

Hanno diritto a continuare a sviluppare una cultura ricca ed antica come la loro?

Se queste domande ti mettono in imbarazzo, posso rispondere io per te. La risposta è NO.

I lavoratori della Soda Stream Factory non hanno alcuno di questi diritti.

Quali sono i "pari diritti" di cui parli?

Scarlett, sei innegabilmente carina, ma se pensi che la Soda Stream stia costruendo dei ponti verso la pace, allora innegabilmente non stai facendo attenzione.

Con amore, R.

giovedì 1 agosto 2013

Una lettera aperta di Roger Waters

Ho tradotto rapidamente la lettera aperta che Roger Waters, storico leader dei Pink Floyd che sta portando in giro per il mondo la sua celeberrima opera rock "The Wall", ha indirizzato al Rabbino Abraham Cooper, che lo aveva pesantemente attaccato per lo show in questione, definendolo anti-semita e addirittura simpatizzante del nazismo.

Ritengo che la risposta di Roger sia illuminante ed emozionante e spero circoli il più possibile.

Una lettera aperta di Roger Waters

Ci sono stati alcuni commenti su internet sullo show The Wall in Belgio sui quali sento di dover rispondere.

Un certo Alon Onsuf Asif, israeliano che vive in Belgio, è venuto allo show in Belgio la settimana scorsa ed essendo un buon osservatore ha notato una Stella di Davide sul Maiale che viene distrutto dal pubblico alla fine dello show. Così Alon ha diligentemente ripreso il nostro maiale sul suo telefono, ha pubblicato il video e contattato il giornale Israel Daily, Yediot Ahronot. Questa storia è stata debitamente presa in considerazione dal sempre attento Rabbino Abraham Cooper, decano del Centro Simon Wiesenthal e la sua assolutamente prevedibile invettiva è visibile qui:

http://www.algemeiner.com/2013/07/24/massive-pig-balloon-at-roger-waters-concert-features-star-of-david-video/.

Spesso posso ignorare questo tipo di attacchi, ma le accuse del Rabbino Cooper sono così violente e bigotte che richiedono una risposta.

Caro Rabbino Cooper,

ritengo che il suo sfogo sia incendiario ed inutile e direi che esso può soltanto impedire il progresso verso la pace e la comprensione fra i popoli. E’ inoltre estremamente insultante verso di me personalmente, perché mi accusa di essere “anti-semita”, “uno che odia gli ebrei” e “simpatizzante del nazismo”.

Ho tre osservazioni specifiche da fare:

1) Il suo uso dell’aggettivo “ANTI-SEMITA”

Innanzitutto le segnalo un comunicato della “Anti Defamation League”, un’organizzazione americana il cui scopo dichiarato è difendere gli ebrei e l’ebraismo da qualsiasi tipo di attacco. Hanno affermato recentemente che: “Mentre avremmo desiderato che Mr Waters evitasse di utilizzare la Stella di Davide, crediamo che non vi sia in ciò alcun intento anti-semita”

Dovrei sottolineare che nello show io utilizzo anche il Crocifisso, la Mezzaluna con la Stella, la Falce e Martello, il logo della Shell Oil, il simbolo del MCDonald’s e del Dollaro e il logo della Mercedes.

2) “UNO CHE ODIA GLI EBREI”? Ho molti cari amici ebrei, uno dei quali, significativamente, è il nipote di Simon Wiesenthal. Sono fiero di quell’associazione; Simon Wiesenthal è stato un grande uomo. Inoltre ho due nipoti che amo più della mia stessa vita, la loro madre, mia figlia adottiva, è ebrea e quindi, di conseguenza, mi dicono, lo sono anche loro.

3) NAZISTA? Non solo mio padre, secondo tenente Eric Fletcher Water, morì in Italia il 18 Febbraio del 1944 combattendo i nazisti, ma io sono stato cresciuto nell’Inghilterra del dopoguerra, dove ho ricevuto la più intensa educazione riguardo al nazismo in cui non mi è stato risparmiato alcun dettaglio sui crimini orrendi commessi nel nome della più stupida delle ideologie. Ricordo le amiche di mia madre Claudette e Maria, ricordo i loro tatuaggi, erano sopravvissute, due fra i fortunati.

Mia madre spese tutto il resto della sua vita nell’impegno politico per assicurare che il futuro dei suoi figli e nipoti, in realtà dei figli e nipoti di tutti, neri, bianchi, ebrei e non ebrei, latini, asiatici, mussulmani, indù, buddisti ed altri, non avesse sul proprio capo una Spada di Damocle nella forma della disprezzabile Svastica nazista.

Per quello che riguarda, al meglio che mi è stato possibile, ho continuato sul sentiero dei miei genitori. All’età di quasi 70 anni, nello spirito di mia madre e mio padre e di tutto quello che fecero, ho mantenuto le mie posizioni al meglio che posso, in difesa della Signora Libertà.

Lo show The Wall, da lei attaccato in maniera tanto infondata, è molte cose. E’ riflessivo, esalta la vita, è ecumenico, umano, pieno d’amore, contro la guerra, contro il colonialismo, per l’accesso universale alla legge, per la libertà, per la collaborazione, per la pace, per il dialogo, anti autoritario, anti fascista, anti apartheid, anti dogmatico, internazionale nello spirito, musicale e satirico.

Non è:

ANTI-SEMITA o PRO-NAZISMO

Mi capita spesso di venire attaccato dalla lobby pro Israele per il mio sostegno alla campagna BDS (Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni) che non tratterò in questa sede, chiunque sia interessato, può accedere al discorso che ho tenuto alle Nazioni Unite il 29 Novembre dell’anno scorso.

In ogni caso dirò questo, in una teocrazia è quasi inevitabile che il simbolo della religione venga confuso col simbolo dello Stato, in questo caso dello Stato di Israele, uno Stato che opera l’apartheid sia all’interno dei suoi confini sia nei territori che ha occupato e colonizzato fin dal 1967.

Che piaccia o meno, la Stella di Davide rappresenta Israele e le sue politiche ed è legittimamente soggetto a qualsiasi forma di protesta non violenta. Protestare pacificamente contro le politiche razziste sia interne sia estere di Israele non è ANTI-SEMITA. Il suo argomento per cui poiché io critico le politiche del governo di Israele io dovrei far parte della Fratellanza Mussulmana è risibile, e di nuovo, un affronto personale. Ho speso la mia intera vita rivendicando la separazione fra Chiesa e Stato.

Ad ogni show di The Wall, nell’intervallo invito nel backstage 20 veterani di guerra di ogni paese in cui ci troviamo di volta in volta, per incontrarsi e scambiarci strette di mano, auguri e ricordi. Una volta, circa un anno fa, un veterano più anziano, dei tempi del Vietnam, mi si è parato davanti, mi ha porto la mano, che io ho stretto e che lui non lasciava andare, mi ha guardato negli occhi e mi ha detto: “Tuo padre sarebbe orgoglioso di te”.

Le lacrime mi hanno bruciato occhi.

The Wall è fatto anche per lei e per tutti i Rabbini Cooper lì fuori.

Venga allo show!

Con amore,

Roger

Ps: Per mettere le cose nella giusta prospettiva. Il maiale gonfiabile che ha tanto offeso lei ed Alon compare in ogni show dal settembre del 2010, sono 193 spettacoli, la sua è la prima lamentela. Quel maiale rappresenta il Male e più specificamente il male di un governo che sbaglia. Noi facciamo dono di questo simbolo di repressione al pubblico alla fine di ogni spettacolo e le persone fanno ogni volta la scelta giusta, lo distruggono.

mercoledì 1 febbraio 2012

Massime (4)

Mi par di capire che Libertà non sia la possibilità di scegliere fra tante opzioni diverse, ma la determinazione nel seguirne una sola.

martedì 10 maggio 2011

Noam Chomsky: la mia reazione alla morte di Osama bin Laden

La mia traduzione (come sempre amatoriale) di un interessantissimo scritto di Noam Chomsky sulla morte di bin Laden, sull'11 settembre, su Obama. Chomsky, che è innanzitutto un grandissimo linguista, fa notare come l'imperialismo sia profondamente radicato anche nelle parole e nei nomi.


6 maggio 2011

Di Noam Chomsky

E' sempre più evidente che l'operazione è stata un assassinio pianificato, in multipla violazione delle più elementari norme del diritto internazionale. Sembra non ci sia stato alcun tentativo di arrestare una vittima disarmata, cosa che sarebbe stata presumibilmente semplice da effettuare da parte di 80 soldati delle forze speciali che praticamente non affrontavano alcuna opposizione -se si esclude, dicono, la moglie, che si sarebbe scagliata verso di loro. Nelle società che professano un qualche rispetto della legge, i sospettati sono arrestati e sottoposti ad un giusto processo. Sottolineo "i sospettati". Nell'aprile del 2002, il capo dell'FBI Robert Mueller, informò la stampa che, dopo la più profonda indagine della storia, l'FBI non poteva dire di più che "credeva" che la trama (dell'11 settembre, ndt) era stata ordita in Afghanistan, anche se poi organizzata materialmente negli Emirati Arabi Uniti e in Germania. Quello che soltanto credevano nell'aprile del 2002, lo ignoravano ovviamente 8 mesi prima, quando Washington rifiutò le offerte dei Talebani (non sappiamo quanto fossero serie perché furono immediatamente respinte) di estradare bin Laden se fossero state presentate loro le prove -che Washington, sapemmo molto presto, non aveva. Perciò Obama stava sicuramente mentendo quando diceva, nelle sue dichiarazioni alla Casa Bianca, che "fu presto chiaro che gli attacchi dell'11 settembre erano stati portati da Al-Qaeda"

Nulla di concreto è emerso da allora. Si fa un gran parlare della "confessione" di Osama, ma ha sostanzialmente lo stesso valore della mia confessione di aver vinto la maratona di Boston. Si complimentava semplicemente di quello che considerava un grande risultato.

C'è anche una grande discussione sui media circa l'ira degli Stati Uniti verso il Pakistan per non aver scoperto bin Laden, anche se certamente elementi delle forze militari e di sicurezza pachistane erano a conoscenza della sua presenza ad Abbottabad. Si parla meno invece dell'ira del Pakistan verso gli Stati Uniti per aver invaso il suo territorio per perpetrare un omicidio politico. Il fervore anti-americano è già molto alto in Pakistan, ed è molto probabile che questi eventi contribuiscano ad esacerbarlo. La decisione di gettare il corpo in mare sta già, presumibilmente, provocando rabbia e scetticismo in tutto il mondo musulmano.

Potremmo chiederci come avremmo reagito se le forze speciali irachene fossero atterrate sulla casa di George W. Bush, lo avessero ucciso e ne avessero gettato via il corpo nell'Atlantico. Incontrovertibilmente, i suoi crimini hanno ampiamente superato quelli di bin Laden, ed egli non è un "sospetto", ma incontrovertibilmente il "mandante" che diede l'ordine di commettere il "crimine internazionale supremo, che differisce dagli altri crimini di guerra perché contiene in esso il male accumulato di tutto" (citando il Tribunale di Norimberga) per il quale i criminali nazisti furono impiccati: cioè le centinaia di migliaia di morti, i milioni di rifugiati, la distruzione di gran parte del paese (l'Iraq, ndt), l'aspro conflitto fra fazioni che si è ora allargato al resto della regione.

C'è di più da dire di Orlando Bosch (il cubano che metteva le bombe sugli aerei di linea), recentemente morto serenamente in Florida, compreso il riferimento alla "dottrina Bush", secondo la quale i paesi che danno asilo i terroristi sono colpevoli alla stessa maniera dei terroristi stessi e che quindi andrebbero trattati di conseguenza. Nessuno parve notare che Bush stava invocando l'invasione e la distruzione degli Stati Uniti e l'uccisione del loro presidente criminale.

Stessa cosa sul nome, Operazione Geronimo. La mentalità imperiale è così acuta, nella società occidentale, che nessuno si accorge che si sta glorificando bin Laden identificandolo con la coraggiosa resistenza contro l'invasore genocida. E' come chiamare le nostre armi di assassinio coi nomi delle vittime dei nostri crimini: Apache, Tomahawk...E' come se la Luftwaffe avesse chiamato i suoi caccia "Ebreo e "Zingaro".

Ci sarebbe ancora molto da dire, ma anche i fatti più ovvi ed elementari dovrebbero darci molto di che riflettere.

sabato 5 giugno 2010

Massime (3)

E' affascinante notare come tanto più triste vai a dormire, quanto più belli e appaganti saranno i sogni. Tanto più disperato appoggi la testa sul cuscino, quanto più il tuo stato d'animo sarà come cancellato al risveglio. Capita persino di riuscire a ricominciare un sogno riaddormentandosi dopo essersi svegliati per un attimo. Seppure per pochi minuti, quel benessere automatico, forse immeritato, lascia la piacevole sensazione di avere un alleato, di non poter essere mai davvero da soli.

domenica 14 febbraio 2010

The same old fears

Una volta, scherzando ma non troppo, mi hai detto che sono un compagno con dei limiti.
"Altroché se ne ho!", risposi io, desiderando come al solito dire molto più.
Il principale dei quali è il trovarmi spesso a pochi metri da cose belle e importanti.
E non riuscire proprio mai ad allungare la mano.